venerdì 22 febbraio 2013

SETTING E RELAZIONE D'AIUTO

Le caratteristiche della relazione d’aiuto, sin dai primi colloqui del percorso di counseling, sono da individuarsi nell’accoglienza e nell’empatia quali abilità distintive, tali da favorire un setting all’interno del quale il cliente possa esprimere le proprie esigenze individuali e le ragioni del proprio disagio. L’accoglienza  è la prima espressione dell’attività professionale del counselor con la quale il cliente entra in contatto sin dal primo istante della sua richiesta di consulenza. Accogliere la persona in disagio significa innanzi tutto costruire un setting protetto e definito  adatto a contenere e a dare struttura alle esigenze del cliente. Un setting protetto e definito non è dato soltanto da caratteristiche fisiche, quali possono essere una stanza accogliente, organizzata in modo da creare un ambiente confortevole, un setting protetto e definito è dato anche dalla strutturazione organizzata del tempo, scandito dal numero degli incontri, dalla loro durata (di solito un’ora o cinquanta minuti), dalla cadenza degli incontri stessi (settimanale o quindicinale), dalla gestione degli incontri mancati. La gestione degli aspetti organizzativi  del setting effettuata con chiarezza permettono al cliente di orientarsi all’interno nella relazione, di effettuare le proprie scelte, di sentirsi contenuto all’interno di un contesto ambientale che si sviluppa su un piano spazio-temporale, appositamente organizzato per venire incontro alle sue esigenze. Ma il setting definito, protetto e accogliente diventa tale con l’esercizio delle competenze professionali, primo fra tutti l’atteggiamento empatico. L’empatia è una delle dimensioni relazionali maggiormente indagate nelle teorie dei diversi autori, Rollo May la identifica addirittura come la chiave del counseling, come abilità distintiva che consente di esperire il vissuto dell’altro. Empatia significa letteralmente ‘sentire dentro’ e denota uno stato di identificazione profonda con l’altro che permette di sentire  ‘come se’ si fosse l’altra persona, tanto da perdere temporaneamente la propria identità; è attraverso l’empatia che si realizza il processo di comprensione e di parziale identificazione con le problematiche portate dal cliente. Se le abilità relazionali di accoglienza e di empatia sono qualità distintive del counselor, le  procedure pianificate sono l’espressione concreta e misurabile della sua etica professionale, ogni intervento per avere efficacia deve essere orientato al raggiungimento di un risultato. Il counselor efficace ha molteplici strumenti per indirizzare interventi di successo con l’utenza: innanzi tutto pianificare un intervento di counseling significa stabilire un contratto definendone gli obiettivi condivisi con il cliente.
Quando si parla di obiettivi è necessario specificare al cliente che questi, per essere tali, devono essere raggiungibili e misurabili, questa esplicitazione è essenziale sia per stabilire con chiarezza le finalità del processo, sia per sgombrare il campo da possibili equivoci circa l’ambito di intervento specifico del counseling e la differenza con altre professioni d’aiuto, come ad esempio la psicoterapia. Essere chiari ed espliciti nello spiegare al cliente cosa sia il counseling definendone gli ambiti di intervento, specificandone le potenzialità circa la possibilità di esplorazione e sostegno su tematiche di disagio momentaneo, da non confondersi con una ristrutturazione intrapsichica di tipo clinico, è un dovere etico per un corretto esercizio della professione di counselor, tale esplicitazione fa parte del consenso informato procedura di base con la quale il counselor effettua una duplice funzione: tutelare il cliente informandolo correttamente su cosa sta ‘comprando’ nel momento in cui inizia un percorso con lui, tutelare se stesso da possibili invasioni in altri ambiti professionali che potrebbero essere foriere di possibili controversie legali relative all’esercizio abusivo della professione. Iniziare un percorso di counseling significa stabilire da dove si parte nell’esplorazione, dove si vuole arrivare, con quali mezzi raggiungere la meta e quali sono i risultati attesi. Inoltre, laddove si presenti la necessità, il counselor efficace deve saper cogliere le eventuali esigenze di riformulazione degli obiettivi iniziali e rendersi flessibile alla ridefinizione del contratto, sia a livello micro, per ciò che riguarda gli obiettivi stabiliti per piccoli step, che a livello macro, per quanto attiene i risultati stabiliti come finalità dell’intervento.  In breve la definizione del contratto, da intendersi come progettazione di un intervento pianificato, è un esercizio di tutela professionale, che il professionista adotta in rispetto dell’etica deontologica della professione stessa e in rispetto dei diritti di informazione e di orientamento dell’utenza.
Angela Tosoni
Riferimenti Bibliografici:
Giannella F. (2009), Etica e deontologia nel counseling, Sovera, Roma.
Giusti E., Locatelli M. (2000), L’empatia integrata. Sovera, Roma.
May R. (1989), L’arte del counseling. Il consiglio, la guida, la supervisione. Astrolabio, Roma.

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