venerdì 19 aprile 2013

SISTEMI EMOTIVI CEREBRALI E QUALITA' E DELLA VITA EMOTIVA

Le ricerche delle neuroscienze sui sistemi emotivi cerebrali si sono focalizzate sugli aspetti affettivi e fisiologici che interagiscono nei circuiti emozionali, stabilendo una correlazione tra gli elementi affettivi fondamentali dell'individuo (ciò che caratterizza il nostro mondo interiore) e i processi mentali primari.  

Di particolare interesse, nel campo della ricerca in neuroscienze, sono gli studi del Prof. Jaak Panksepp, teorico dell’evoluzione della mente, che spiega la complessa relazione tra le regioni subcorticali che regolano la motivazione, le emozioni, e le risposte cognitivo-comportamentali dell’individuo. “Ad un certo livello, all’interno dei circuiti cerebrali più arcaici, nei cosiddetti recessi subcorticali, possono esserci nient’altro che reti neuronali inconsce, creatrici di puro comportamento, cioè organismi fluttuanti privi di sensibilità, probabilmente simili a molluschi ondulati che cavalcano le correnti delle più deboli forme del preconscio” – dice il Prof. Panksepp, e continua – “...non lo sappiamo, non possiamo esserne certi, ma possiamo ipotizzare la natura delle sensazioni emozionali primarie che sorgono dalle stesse regioni cerebrali deputate alle reazioni ed alle azioni emozionali incondizionate”. (Panksepp 2012). Comprendere come si formano le dinamiche emotive all’interno del cervello può essere molto utile per il raggiungimento del benessere psicofisico. Molti studi sottolineano la qualità inconscia delle emozioni, in quanto esperienze sensibili a contenuto affettivo, e a certi livelli ciò è ancor più verosimile, quando l’emotività viene negata o, peggio ancora, repressa da un’attività cognitiva controllante, disposizione questa, che può inibire il tumulto emozionale subcorticale e molto comune nella mente umana.

Ma la pressione emotiva, (stimolo che sorge come processo primario), controllata dai processi mentali cognitivi, può emergere inaspettatamente e creare scompiglio nella vita delle persone. Infatti, ciò che veniva considerato come inconscio non può più essere chiamato tale, anche l’inconscio non è privo di esperienza poiché questi stati emotivi, quando si presentano con una certa intensità, sono connotati come esperienze affettive. Oggi possiamo dire che gli esseri umani, hanno esperienza dei propri stimoli emotivi, questi stimoli possono essere qualificati come stati emozionali primari, ovvero esperienze affettive grezze, fenomeni particolari della mente, categorie uniche di esperienze coscienti, che emergono dalle profondità della mente. Ciò che risulta profondamente inconscio sono i processi secondari, i meccanismi di apprendimento e di controllo, che si producono come risultato dell’interazione tra regioni subcorticali e regioni neocorticali. La  nostra attività mentale superiore è profondamente cognitiva, poiché le regioni cerebrali corticali, sempre connesse alle funzioni cerebrali primitive, costruiscono la percezione del contesto dalle diverse vie sensoriali e questa interazione consente il contatto con il mondo esterno. Tuttavia, gli studi recenti hanno dimostrato che la mente emotiva, la regione subcorticale, gli strati più antichi del cervello è interconnessa alla mente cognitiva, inoltre, l’influenza dei processi emotivi subcorticali è stata dimostrata dalle indagini effettuate con sistemi di brain-imaging (Damasio, 2000).
Comprendere l’universo cerebrale ed i processi che sono alla base del funzionamento della mente, aiuta l’individuo a regolare e bilanciare la vita emotiva, soprattutto quando ci si trova ad attraversare eventi esistenziali che producono stress emozionale.

Angela Tosoni

Riferimenti bibliografici

Panksepp J., Biven L. (2012) The archaeology of mind. Neuroevolutionary Origins of Human Emotions. W.W. Norton & Company, London.

venerdì 5 aprile 2013

CERVELLO EMOTIVO E BENESSERE PSICOFISICO

La capacità di essere in contatto con le proprie emozioni è un termometro costante che consente di effettuare un monitoraggio  consapevole del proprio benessere psicofisico, monitoraggio che può essere effettuato moment by moment nel corso dell'esperienza quotidiana.
Le ricerche nel campo delle neuroscienze hanno dimostrato la centralità della vita emotiva nella sfera individuale della salutogenesi.
Damasio nella sua opera  L'errore di Cartesio (Damasio, 1995) mette in discussione  la concezione  cartesiana di separazione fra emozione e intelletto, sottolineando che le ricerche sulle funzioni del cervello hanno condotto ad una diversa concezione della "mente". Damasio ha indagato nei sui studi le nefaste conseguenze della separazione cartesiana, avvalendosi della sperimentazione, effettuata nei casi clinici, su fatti neurologici.  Queste ricerche in campo neuroscientifico sembrano sottolineare l'essenzialità del valore cognitivo del sentimento. Per Damasio il concetto di "sentimento" conduce ad una distinzione fra: il sentire di base e il sentire delle emozioni, fondata su osservazioni di architettura anatomico-funzionale.

Questa concezione anatomico-funzionale riconduce agli studi sul sistema nervoso centrale e alle teorie di evoluzione dello mente, che vedono il cervello umano organizzato a strati. Tale suddivisione è stata formalizzata nella teoria del cervello tripartito (MacLean, 1973) secondo la quale il sistema nervoso umano è strutturato in tre distinte sezioni.

CERVELLO RETTILIANO: la funzione principe è legata alla percezione intesa come attività sensomotoria, di appagamento dei bisogni metabolici e riproduttivi, connessi con l'equilibrio dell'organismo e all'influenza del malesse/benessere. La soddisfazione dei bisogni organismici è intrinseca nell'attività percettiva del cervello rettiliano e costituisce l'insieme delle emozioni primordiali o primitive che caratterzzano l'equilibrio benessere-malessere.
CERVELLO LIMBICO: è considerata la sede delle emozioni, cosidette primarie o fondamentali, che costituiscono l'insieme degli schemi di attivazione del comportamento e rappresentano una strategia comunicativa non convenzionale sulla tendenza ad agire nell'interazione interpersonale. Queste strategie di comportamento emotivo hanno la funzione principale di avvicinamento (emozioni positive ) e allontanamento (emozioni negative).
CERVELLO NEOCORTICALE: ciò che chiamiamo corteccia cerebrale è uno strato laminare continuo che rappresenta la parte più esterna cervello. È formata dai neuroni da fibre nervose. La corteccia cerebrale umana gioca un ruolo centrale in meccanismi mentali complicati come la memoria,  la percezione, il pensiero, il linguaggio e la coscienza.

Recentemente, le ricerche in neuroscienze si sono concetrate sul "cervello emotivo", proprio perchè le  emozioni sono fenomeni psicofisici  che entrano a far parte dei processi mentali. Sono elementi fondamentali dell'esperienza umana, sono stati di attivazione che coinvolgono l'organismo e influenzano il modo in cui elaboriamo le informazioni, il modo in cui attribuiamo dei significati a ciò che ci succede.
Sperimentiamo tutti i giorni quanto i nostri pensieri e i nostri comportamenti siano influenzati dalle emozioni, ognuno di noi percepisce i propri stati emotivi e quelli degli altri nello scambio interpersonale, inoltre, attraverso la lettura emotiva riusciamo a valutare gli eventi, sino a prevedere i comportamenti dell'altro sulla base nostre intuizioni e sul riconoscimento delle azioni/emozioni dell'altro. Le emozioni, oltre a dare colore alla nostra vita, hanno una precisa funzione adattiva, evolutiva e sociale, per l'individuo e per la specie, poichè sono alla base del comportamento, ci preparano all'azione e, soprattutto, ci permettono di comunicare.  Questa funzione è svolta sia delle emozioni primarie, che dalle emozioni più complesse che si sviluppano nell'interazione sociale.

Angela Tosoni




Riferimenti Bibliografici:
Blundo C. (2011), Neuroscienze cliniche del comportamento. Elsevier, Milano.
Damasio R. A. (1995), L'errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano. Adelphi, Milano.
Perna G. (2010), Le emozioni della mente. Edizioni San Paolo, Milano.

venerdì 22 febbraio 2013

SETTING E RELAZIONE D'AIUTO

Le caratteristiche della relazione d’aiuto, sin dai primi colloqui del percorso di counseling, sono da individuarsi nell’accoglienza e nell’empatia quali abilità distintive, tali da favorire un setting all’interno del quale il cliente possa esprimere le proprie esigenze individuali e le ragioni del proprio disagio. L’accoglienza  è la prima espressione dell’attività professionale del counselor con la quale il cliente entra in contatto sin dal primo istante della sua richiesta di consulenza. Accogliere la persona in disagio significa innanzi tutto costruire un setting protetto e definito  adatto a contenere e a dare struttura alle esigenze del cliente. Un setting protetto e definito non è dato soltanto da caratteristiche fisiche, quali possono essere una stanza accogliente, organizzata in modo da creare un ambiente confortevole, un setting protetto e definito è dato anche dalla strutturazione organizzata del tempo, scandito dal numero degli incontri, dalla loro durata (di solito un’ora o cinquanta minuti), dalla cadenza degli incontri stessi (settimanale o quindicinale), dalla gestione degli incontri mancati. La gestione degli aspetti organizzativi  del setting effettuata con chiarezza permettono al cliente di orientarsi all’interno nella relazione, di effettuare le proprie scelte, di sentirsi contenuto all’interno di un contesto ambientale che si sviluppa su un piano spazio-temporale, appositamente organizzato per venire incontro alle sue esigenze. Ma il setting definito, protetto e accogliente diventa tale con l’esercizio delle competenze professionali, primo fra tutti l’atteggiamento empatico. L’empatia è una delle dimensioni relazionali maggiormente indagate nelle teorie dei diversi autori, Rollo May la identifica addirittura come la chiave del counseling, come abilità distintiva che consente di esperire il vissuto dell’altro. Empatia significa letteralmente ‘sentire dentro’ e denota uno stato di identificazione profonda con l’altro che permette di sentire  ‘come se’ si fosse l’altra persona, tanto da perdere temporaneamente la propria identità; è attraverso l’empatia che si realizza il processo di comprensione e di parziale identificazione con le problematiche portate dal cliente. Se le abilità relazionali di accoglienza e di empatia sono qualità distintive del counselor, le  procedure pianificate sono l’espressione concreta e misurabile della sua etica professionale, ogni intervento per avere efficacia deve essere orientato al raggiungimento di un risultato. Il counselor efficace ha molteplici strumenti per indirizzare interventi di successo con l’utenza: innanzi tutto pianificare un intervento di counseling significa stabilire un contratto definendone gli obiettivi condivisi con il cliente.
Quando si parla di obiettivi è necessario specificare al cliente che questi, per essere tali, devono essere raggiungibili e misurabili, questa esplicitazione è essenziale sia per stabilire con chiarezza le finalità del processo, sia per sgombrare il campo da possibili equivoci circa l’ambito di intervento specifico del counseling e la differenza con altre professioni d’aiuto, come ad esempio la psicoterapia. Essere chiari ed espliciti nello spiegare al cliente cosa sia il counseling definendone gli ambiti di intervento, specificandone le potenzialità circa la possibilità di esplorazione e sostegno su tematiche di disagio momentaneo, da non confondersi con una ristrutturazione intrapsichica di tipo clinico, è un dovere etico per un corretto esercizio della professione di counselor, tale esplicitazione fa parte del consenso informato procedura di base con la quale il counselor effettua una duplice funzione: tutelare il cliente informandolo correttamente su cosa sta ‘comprando’ nel momento in cui inizia un percorso con lui, tutelare se stesso da possibili invasioni in altri ambiti professionali che potrebbero essere foriere di possibili controversie legali relative all’esercizio abusivo della professione. Iniziare un percorso di counseling significa stabilire da dove si parte nell’esplorazione, dove si vuole arrivare, con quali mezzi raggiungere la meta e quali sono i risultati attesi. Inoltre, laddove si presenti la necessità, il counselor efficace deve saper cogliere le eventuali esigenze di riformulazione degli obiettivi iniziali e rendersi flessibile alla ridefinizione del contratto, sia a livello micro, per ciò che riguarda gli obiettivi stabiliti per piccoli step, che a livello macro, per quanto attiene i risultati stabiliti come finalità dell’intervento.  In breve la definizione del contratto, da intendersi come progettazione di un intervento pianificato, è un esercizio di tutela professionale, che il professionista adotta in rispetto dell’etica deontologica della professione stessa e in rispetto dei diritti di informazione e di orientamento dell’utenza.
Angela Tosoni
Riferimenti Bibliografici:
Giannella F. (2009), Etica e deontologia nel counseling, Sovera, Roma.
Giusti E., Locatelli M. (2000), L’empatia integrata. Sovera, Roma.
May R. (1989), L’arte del counseling. Il consiglio, la guida, la supervisione. Astrolabio, Roma.

martedì 19 febbraio 2013

IL MESTIERE PIU' DIFFICILE DEL MONDO

 Non posso fare a meno di detestare i miei genitori. E' cosi triste dover sopportare chi ha i vostri stessi difetti.
(Oscar Wilde)
 

 La genitorialità è una competenza acquisita. Si nasce figli e con il crescere si osservano vari modelli genitoriali a partire da quello dei nostri genitori per seguire con la maestra, il professore e via via.

Le dinamiche che ci vedono in un ruolo subordinato sono tutte dinamiche genitoriali. Quando siamo coinvolti in una relazione in un ruolo subordinato abbiamo l’opportunità di osservare le varietà di comportamenti che vengono messi in atto, comportamenti figli a loro volta di una scelta di modello genitoriale.

E’ chiaro che l’imprinting è dato proprio dal modello genitoriale che viviamo nella nostra infanzia e molto probabilmente tenderemo ad adottare e ripetere nelle nostre esperienze di vita.
E’ comunque importante essere consapevoli delle nostre modalità genitoriali per eventualmente adattarle ad un modello più “vincente”. 

Negli anni recenti, la ricerca di un modello efficace di genitorialità ha incuriosito diversi studiosi che hanno costruito teorie e scritto diversi libri sull’argomento.

 

Il pioniere di questi studi è senza dubbio il Dott. Thomas Gordon. Gordon fu un allievo di Carl Rogers ed un seguace della sua “Psicologia umanistica”.

Il suo maggior impegno fu indirizzato verso la creazione di una metodologia per l’incremento delle capacità comunicative e della risoluzione dei conflitti, particolarmente indicato per genitori, insegnanti e leader.

Il metodo, tuttora conosciuto come “Metodo Gordon”, si basa sull’assunto che sia l’atteggiamento coercitivo che quello lascivo danneggiano le relazioni producendo scarsi risultati.

Come alternativa egli proponeva il potenziamento delle abilità comunicative e del metodo di risoluzione dei conflitti senza perdenti “no-lose conflict resolution” da sviluppare attraverso un training formativo.

Nel 1962 Gordon iniziò a proporre il corso “Training per genitori efficaci (Parent Effectiveness Training - PET)”. Il corso diventò così popolare che in breve tempo venne adottato in gran parte degli Stati Uniti. Iniziarono dei corsi specifici per formatori in modo da renderli in grado di insegnare il metodo nelle proprie comunità.

Il modello parte appunto dal principio che sia l’atteggiamento coercitivo che quello permissivo danno come risultato un vincitore ed un perdente, danneggiando in questo modo il rapporto. Il metodo proposto da Gordon è un insieme di competenze e concetti per ottenere un democratico rapporto di collaborazione.

Nel 1970 Il Dott. Gordon ha pubblicato la prima edizione di un libro intitolato per l’appunto “genitori efficaci” che divenne un best-seller in tutto il mondo.

Le competenze di base da sviluppare per un rapporto efficace, nutriente e soddisfacente per entrambe le parti sono principalmente 3:

  1. Ascolto attivo;
  2. I-Messages;
  3. Risoluzione dei conflitti senza perdenti. 

ASCOLTO ATTIVO

L’ascolto attivo è una modalità particolare di riflettere ciò che l’altra persona sta dicendo per confermargli che la si sta ascoltando e ottenere da lui maggiori informazioni per comprenderlo senza interpretazioni. E’ opportuno che si rifletta anche lo stato d’animo di chi sta parlando permettendo così la traduzione verbale del contenuto emozionale e sentimentale implicito nella comunicazione.
Ciò favorisce l’aumento della consapevolezza nella persona che sta parlando.







I-MESSAGES


L’I-Message è una affermazione sui sentimenti, le convinzioni, i valori della persona che parla, generalmente espressi in frasi che iniziano con la parola "io" ed è in contrasto con un "tu- message" che spesso inizia con la parola" tu "e si concentra sulla persona che parla.
L’I-Message è una modalità assertiva che non mette l’ascoltatore sulla difensiva.
Un esempio è l’utilizzo di “…mi arrabbio quando ti comporti in questo modo” piuttosto di “…tu mi fai sempre arrabbiare”.






RISOLUZIONE DEI CONFLITTI SENZA PERDENTI


Il metodo per la risoluzione dei conflitti senza perdenti è basato sui “sei passi per una soluzione creativa dei conflitti” di John Dewey.
L’obiettivo è trovare una soluzione che sia accettabile per le parti coinvolte nel conflitto in modo che entrambi siano vincitori.
I sei passi identificati da Dewey sono i seguenti:




  1. Definisci il problema in termini di bisogni e non di soluzioni;
  2. Analizza le possibili soluzioni;
  3. Seleziona la soluzione che meglio incontra i bisogni di entrambi  le parti e analizza le possibili conseguenze;
  4. Pianifica chi farà cosa, dove, quando e come la farà;
  5.  Esegui il piano;
  6. Verifica successivamente il processo di risoluzione del conflitto e come ha funzionato la soluzione.

 

CONCLUSIONI

Le abilità genitoriali sono un processo in divenire che, come molte altre abilità, hanno bisogno di essere conosciute e allenate. Essere consapevoli dei modelli comunicativi che adottiamo verso i nostri figli o verso le persone con cui ci rapportiamo ci rende in grado di valutarne l’efficacia.

La consapevolezza ci porta al confrontarci con il modello proposto e a valutarne l’adozione.

La relazione d’aiuto che il counseling propone è finalizzata all’accrescimento della consapevolezza utilizzando, tra gli altri, gli strumenti che Gordon ha teorizzato e che abbiamo sommariamente descritto in questo articolo.

Nel nostro portafoglio di attività proponiamo anche un mini-corso indirizzato ai genitori che vogliono sviluppare ed accrescere tali competenze.

Stiamo inoltre organizzando un gruppo di auto-aiuto per genitori allo scopo di confrontarci in un ambiente protetto, non giudicante e nutriente per i bisogni dei genitori e dei figli. (per informazioni: mondocounseling@gmail.com oppure: 348 3283313)

Stefano Galimi


Bibliografia:
Gordon T., (2007), Genitori efficaci – Educare figli responsabili, Ed. La Meridiana 
Giusti E., Ticconi G., (1998), La comunicazione non verbale, Ed. Scione

venerdì 8 febbraio 2013

IL POTERE DELLA SCELTA


Di fronte alle sfide che la vita offre, in alcune occasioni si formulano risposte disfunzionali, generate da una silenziosa voce interna tesa a dare  una lettura  pessimistica di quanto avviene.

Essere consapevoli  delle dinamiche che albergano dentro di noi, ci rende capaci di autoregolare i nostri pensieri, il nostro comportamento, regalandoci  la  forza  necessaria  per  interrompere quella spirale insidiosa, generatrice di sofferenza e frustrazione.

Come affrontare questo dialogo? Come poterlo fermare?

La consapevolezza è il primo passo: è fondamentale riconoscere le  frasi svalutanti e demotivanti, che ci diciamo e  i pensieri e le situazioni che le innescano.

Entrarci in relazione e combatterle è il secondo passo.  E’ necessario, infatti, andare contro la tendenza all’autocritica, dando voce ad un altro suono altrettanto potente, capace di mettere in discussione le prime credenze, neutralizzandone gli effetti  controproducenti.

Comprendere i pensieri negativi che ci affollano la mente e i sentimenti auto svalutanti da essi innescati, ci  fornisce il giusto carburante per poter continuare in maniera piacevole e creativa  il viaggio che ogni giorno compiamo.

Roberta Manca

Tratto da: J. Richardson,  (2000), Introduzione alla Pnl, Alessio Roberti Editore

giovedì 7 febbraio 2013

IL PRIMO VERTICE DEL TRIANGOLO DELL'AMORE: LA PASSIONE


Secondo lo psicologo statunitense Robert J. Stenberg l' Intimità, l' Impegno e la Passione, rappresentano, nelle giuste dosi, gli ingredienti necessari a garantire una lunga vita alle  storie d’Amore.
La PASSIONE,  non ha esclusivamente una connotazione sessuale. E’ la dimensione che alimenta l’attrazione ed è  animata dal desiderio di unirsi fisicamente con l’altro.   Si intreccia con l’intimità. Si esprimono  in questo “vertice” sentimenti come cura, affiliazione, soddisfazione sessuale, etc .   Si sviluppa in tempi brevi.

E’ facilmente riconoscibile in quanto  si muove a partire una situazione di mancanza, di desiderio di avere altro, un Altro  che si crede possa offrire qualcosa di diverso, forse di migliore.
La passione è un torrente in piena che può travolgere l’ignaro bagnante; è stordimento di fronte alle diverse e indistinte sensazioni che l’accompagnano. E’ sempre un sentimento intenso , profondo, ostinato e tenace: una forza che si sopravanza e ci sorprende, che vuole affermare se stessa ed i suoi obiettivi.

  Si viene  catturati e trasportati verso un “qualcosa” in grado di sorprenderci e farci smarrire, un luogo privo di delimitazioni spaziali e temporali, nel quale si è invitati ad entrare.
Naturalmente, esistono anche passioni che riescono ad avere un dialogo con il Logos: sono le passioni più ragionevoli,quelle più pacate. Ma quando si parla di Amore, è necessario entrare nel campo delle faticose scosse, nello scompiglio, nella sfida.

Ed è proprio dalla sfida, dal contrasto che questo sentimento viene generato e lentamente prende vita. Un contrasto che ha come protagonisti l’appassionato e il suo referente, o il mondo del quale questo appartiene.  Un Altro difficilmente raggiungibile, che si nega, e che spesso non corrisponde alla richiesta. Questo continuo andirivieni possiede nel suo intimo  l’impronta di una acuta tensione, che in alcune occasioni, assume i toni della  acuta sofferenza.
Roberta Manca 

Tratto da:
 E.Giusti, E.Bianchi (2011) – Evolvere rimanendo insieme- Sovera
 Silvia V.Finzi (a cura di), Storia delle Passioni (1995), Editori Laterza

   

mercoledì 6 febbraio 2013

LINGUAGGIO DEL CORPO E SICUREZZA NELLE RELAZIONI

Comprendere quello che gli altri ci vogliono dire, aumenta l’autostima.
Il cervello umano si costituisce di due metà simmestriche, che interagiscono sinergicamente, ognuna delle quali specifica per alcune competenze.
Nell’emisfero sinistro (analitico, razionale, simbolico), ricco sul piano del linguaggio, avvengono i calcoli matematici e la logica è più sviluppata; l’emisfero destro (sintetico, non razionale, concreto) è specializzato nel riconoscimento dei volti umani (stimoli visivi), nell’intuizione, nella fantasia e nella percezione del linguaggio non verbale. Solitamente uno dei due emisferi è dominante  sull’altro.
La comunicazione tra i due emisferi avviene senza rigide dicotomiegrazie al corpo calloso,un fascio di fibre nervose che permette di far conoscere ad un emisfero quello che fa l’altro e viceversa.
Nelle donne  questa comunicazione è permessa, oltre che dal corpo calloso,  anche  da diverse altre connessioni intra-emisferiche.
Queste comunicazioni permettono al sesso femminile di riconoscere con più facilità i segnali emessi dall’emisfero sinistro e di convertire i vissuti emotivi in linguaggio verbale. Sicuramente, anche i rinforzi ricevuti fin dall’infanzia dal contesto influiscono sulla capacità di saper leggere il comportamento non verbale.
Ognuno di noi può tramutarsi in un esperto del linguaggio del corpo. E’ stato dimostrato, infatti, che leggere libri, vedere filmati sull’argomento, non solo rinforza la comprensione di quello che gli altri vogliono dirci, ma ci fornisce carburante per aumentare l’autostima e farci sentire più sicuri nelle relazioni.
Roberta Manca
Pacori M.(2010), I segreti del linguaggio del corpo, Sperling & Kupfer Editori.

mercoledì 30 gennaio 2013

PERCORSI CREATIVI IN UN LABORATORIO DI COUNSELING


Le attività creative di un laboratorio di counseling sono esperienze di consapevolezza  che permettono di entrare in contatto con il proprio modo di essere.




Le immagini rappresentano uno strumento narrativo per esprimere le proprie emozioni










Il disegno come  racconto espressivo 


Immagini come punteggiatura della rappresentazione di sè

Le forme modellate da uno stato d'animo

giovedì 24 gennaio 2013

LA RICERCA DELL'AMORE SUL WEB

Nel numero 96 della rivista mensile "Mente&Cervello", è stato pubblicato un interessate articolo sull'utilizzo della rete web per la ricerca del partner: anche il corteggiamento segue il corso dei tempi, adeguandosi alle nuove tecnologie.

In Italia il web dating è iniziato da molti anni e diversi provider propongono modalità di incontro di svariato tipo. La scelta è vasta: si passa dalla promessa dell'"Amore per Sempre" all'intrigante proposta trasgressiva. L'obiettivo dei siti è proporre un prodotto accattivante e come sottolinea nell'articolo il Prof. Edoardo Giusti "si corre per il Gran Premio - l'unione felice con una persona giovane e attraente - con una modalità simile a quella con cui si acquista un   biglietto per la lotteria"(pag. 62 - "Mente&Cervello - n.96).

Come sottolinea anche Zygmunt Bauman, in Amore Liquido (2003), l'uomo post-moderno vive le sfide relazionali di un mondo privo di legami ed in particolare senza quei legami fissi ed indissolubili che hanno caratterizzato i rapporti dei nostri predecessori. 

Sicuramente le connessioni web rapprentano una opportunità utile, ma solo la relazione e lo   scambio "in presenza" può favorire la nascita di un Amore.

Angela Tosoni

Roberta Manca


Tratto da "Mente&Cervello" n.96-dicembre 2012-
Z. Bauman (2003), Amore Liquido, Editori Laterza

mercoledì 16 gennaio 2013

L’ORIGINE DELLA MANCANZA DELL'ALTRO



Aristofane nel Simposio di Platone, parlando dell’Amore con toni teatrali,  narra un mito sull’origine dell’uomo.  Secondo questo mito, originariamente l’uomo era sferico, aveva due volti su una testa , quattro mani e quattro piedi. Era perfetto e completo: non gli necessitava nulla. Aveva tre sessi: maschile, femminile androgino e non vi era differenza tra uomini e donne.  Ben presto l’arroganza di quest’uomo lo portò  a minacciare gli déi. Zeus, allora, divise l’uomo in due, separandolo a metà. E, da allora, secondo questo mito l’uomo e la donna vagano sulla terra desiderando di ricreare quell’antica unità.  Ecco, allora, l’origine di quel sentimento, a volte incontrollabile  e doloroso, che  porta alla perenne ricerca della propria metà, capace di completare quello che da uno è diventato due e che  da qualche parte ci attende. 

Partiamo per la ricerca?  

Roberta Manca
Tratto  da E. Giusti, E. Bianchi (2011), Evolvere rimanendo insieme, Sovera, Roma.

martedì 15 gennaio 2013

IL TRIANGOLO IN AMORE


L’importanza delle giuste  dosi anche in Amore.

Secondo  lo psicologo statunitense  Robert  J.  Stenberg,  l’amore può essere rappresentato da un triangolo equilatero, nei cui vertici sono collocate le tre  componenti  dell’Amore Maturo: intimità, passione, impegno/decisione.  L’intensità del sentimento varia in maniera proporzionale alla presenza/assenza delle tre costituenti.

L’INTIMITA’: è la dimensione che si alimenta di  autorivelazione  e procede di pari passo con la fiducia che si riesce a sviluppare verso l’altro, abbattendo i muri della diffidenza  e dei pregiudizi.  Cresce e  si sviluppa più lentamente  e con difficoltà . Rientrano in questo “vertice” sentimenti come la confidenza, la stima, la comprensione, etc.
La PASSIONE: non ha esclusivamente una connotazione sessuale. È la dimensione che alimenta l’attrazione ed è animata dal desiderio di unirsi fisicamente con l’altro. Si intreccia con l’intimità. Si esprimono  in questo “vertice” sentimenti come cura, affiliazione, soddisfazione sessuale, etc . Si sviluppa in tempi brevi.
LA DECISIONE/L’IMPEGNO: questa dimensione da una parte riguarda la decisione di avviare una relazione affettiva, e dall’altra con la volontà di far durare il legame nel tempo. E’ la progettualità che riveste un ruolo importante nei momenti  di stallo che la coppia può vivere.
Quindi anche la durata dell’Amore è una questione di dosi, proprio come in una torta.. e allora Buon Appetito!  

Roberta Manca

Tratto da E. Giusti, E. Bianchi (2011), Evolvere rimanendo insieme. Sovera, Roma.






lunedì 14 gennaio 2013

SINCERITA’ O MENZOGNA: COSA PREFERIRE QUANDO FINISCE UN AMORE?

Mi ami? Ma quanto mi ami? Mi pensi? Ma quanto mi pensi?   Queste frasi riprese da un famosissima pubblicità di alcuni anni fa, racchiudono gran parte dei punti interrogativi che aleggiano nelle storie  d’amore.  Rispondere con sincerità a queste domande è semplice, almeno fino a  quando lo sguardo che rivolgiamo al nostro partner o alle cose che ci accadono è filtrato dagli occhiali rosa tipici dell’innamoramento. 
Cosa accade, invece, quando questo  amore, o  chi da lui è mascherato,  prende una strada diversa,  si  spegne, o addirittura, fin dal principio  “non è mai stato”?  Ricerchiamo l’inganno, continuando magari per convenienza, a nasconderci dietro il dito della menzogna? Continuiamo a giurare grande amore, mentre sentiamo che dentro di noi qualcosa è mutato, anche, a volte, contro la nostra volontà?
Oppure, ci impegniamo scegliendo l’onestà e la sincerità, accettando la situazione e la crisi?
Certamente all’unanimità tutti concordano sul fatto che un rapporto amoroso deve necessariamente  avere alla base parole come autenticità, lealtà, verità, etc. ed è assolutamente vero che spesso la causa dei litigi tra innamorati è riconducibile a piccole bugie, o, forse, a mancate verità. 
Chiediamo e pretendiamo dall’Altro “la Sincerità”,  arrabbiandoci  quando questa ci viene, o immaginiamo, ci venga  negata. Ma ciò che noi desideriamo siamo sempre pronti a donarlo al nostro partner?
Nella rivista “Time” diversi anni fa, fu pubblicato il risultato di una inchiesta, che rilevava che sei persone su dieci giustificano chi, in alcune occasioni, mente; il 58% riteneva giusto mentire ogni tanto ; il 38% sosteneva l’impossibilità della bugia e il 3% si  chiedeva il significato della parola “onesto, un’altra piccolissima percentuale, pari all’1%, credeva che mentire era sempre corretto.
Clark Moustakas, nel suo libro Creative Life (1977), scrive: “Essere onesti in una relazione è spesso difficile e doloroso. Ma nel momento in cui ci si allontana dalla verità, le fibre essenziali dell’essere si distaccano e la persona si trova coinvolta in un processo di inganno: una manipolazione in cui s’impedisce all’altro di scoprire “i veri pensieri e le vere emozioni”. 
Può accadere che con la false verità si impedisca all’Altro la scoperta dei veri pensieri e delle vere emozioni e noi, nel momento in cui ci allontaniamo da quello che proviamo, perdendoci  nell’illusione che “se la verità fa male, è preferibile un bugia” o “se non fa male a nessuno, è meglio mentire” , ci allontaniamo da noi stessi e dai nostri reali bisogni. Come possiamo chiedere agli altri la verità se poi noi, per primi, mentiamo a noi stessi?
Roger  Gould in Transformations (Trasformazioni) (1978) scrive: “ Ogni volta che inganniamo noi stessi causiamo errori di giudizio a cui seguono decisioni sbagliate, con effetti inimmaginabili sulle nostre vite. Ogni volta che mentiamo a noi stessi creiamo nella psiche una lacerazione, dalla quale può entrare il demone dell’ansia inesplicabile davanti alle difficoltà della vita. Gli inganni, studiati per proteggerci, finiscono per farci del male: e più la vita tende a correggerli, più li fortifichiamo” .
Roberta Manca
 Fonte: Leo Buscaglia (2009) La coppia Amorosa, Mondadori

giovedì 10 gennaio 2013

QUESTA SERA IL TERZO INCONTRO: QUI TUTTE LE INFO

LABORATORIO DI COUNSELING AL FEMMINILE

PER INFO E  PRENOTAZIONI

   mondocounseling@gmail.com

  oppure 348 3283313

Gli incontri si svolgeranno in Via La Spezia, 48
dalle ore 20,30 alle ore 22,30 il giovedì a cadenza quindicinale

giovedì 3 gennaio 2013

LA QUALITA' CHE CI ATTRAE NEL PARTNER, CON IL TEMPO PUO' TRASFORMARSI NELLA CARATTERISTICA CHE PIU' CI INFASTIDISCE, PERCHE'?




Recentemente sulla rivista “Mente & cervello” (n.94), è stata pubblicato un articolo molto interessante con l’obiettivo di fornire una spiegazione del perché la persona,  per la quale abbiamo provato attrazione e che abbiamo amato od  amiamo di più, con il passare del tempo, è quella che può trasformarsi nella persona che non sopportiamo più.

Dian Felmelee, sociologa dell’Università della California A Davis, per diverso tempo si è interrogata su questo argomento, compiendo diversi studi sulle coppie.
La Felmelee racconta “abbiamo chiesto ad un ragazzo che cosa gli fosse piaciuto di una precedente fidanzata e lui ha elencato tutte le parti del corpo femminile, comprese le più intime. E quando gli è stato chiesto: “Perché il rapporto si è interrotto?”  il ragazzo ha confessato che era il solo interesse sessuale ad animare quella relazione: il ragazzo aveva ottenuto quello che desiderava, che poi, con il passar del tempo, si era tramutato nella causa della separazione. Pertanto, dopo numerose ricerche, la Felmelee ha sottolineato  come la caratteristica che inizialmente, nella fase dell’innamoramento, ci ha  fatto interessare all’Altro, si trasforma in  quello che più ci infastidisce: l’uomo   definito al principio della relazione dalla propria compagna  come spiritoso, con il passare del tempo può essere descritto come “immaturo” o “leggero”;  uno descritto “dotato di umorismo”, successivamente può essere giudicato una persona che “non prende seriamente i sentimenti degli altri, ossia scherza fuori luogo”; una donna considerata dal proprio innamorato “premurosa” può venire accusata di “voler controllare la situazione”  di non prendere seriamente in considerazione i sentimenti; un uomo “con una volontà di ferro” può tramutarsi in un “testardo” o “irragionevole”; una donna “premurosa” può diventare “ “assillante” e  “possessiva”;  colui descritto come un “gran lavoratore” potrà apparire “colui che non si interessa alla propria compagna”   … e così si potrebbe continuare all’infinito. 
Pertanto, ogni qualità positiva contiene una parte che, con il trascorrere del tempo, può diventare negativa. Come è possibile aggirare questo ostacolo? La sociologa, tra i diversi rimedi, sottolinea l’importanza  di una buona consapevolezza di sé,  in grado di fornire ad ognuno di noi la certezza che non esiste nessuno, ma veramente nessuno, con soli pregi, senza difetti 
Insomma,  la perfezione non appartiene alla nostra realtà e al nostro mondo  e questo mi  piace veramente tanto, e a voi?

Roberta Manca

Fonte: Rivista "Mente & cervello" – n.94 – anno X  “Il paradosso della coppia” di Joe Palca e Flora Lichtman

mercoledì 2 gennaio 2013

LABORATORIO DI COUNSELING AL FEMMINILE: DATE 2013

LABORATORIO DI COUNSELING AL FEMMINILE

PER INFO E  PRENOTAZIONI

   mondocounseling@gmail.com

  oppure 348 3283313

Gli incontri si svolgeranno in Via La Spezia, 48
dalle ore 20,30 alle ore 22,30 il giovedì a cadenza quindicinale


Questo il calendario degli incontri 2013: 

10 Gennaio 

24 Gennaio

7 Febbraio

28 Febbraio

7 Marzo